A cavallo tra il Valdarno e il Casentino, isolati in mezzo al bosco, si trovano i ruderi della Badia di Santa Trinità in Alpe, quella che chiamata la “San Galgano del Pratomagno”. Quelle che oggi è destinato, come sono lasciate al degrado in realtà i resti di una struttura storica e religiosa del Valdarno La Badia è sempre stata isolata risale alla scarsa viabilità fin dai tempi della sua costruzione: anno 960.
Un articolo del CAI, a cura di Vannetto Vannini, rivela e cenni storici dalla decisione di collocare la Badia propria sul versante casentinese di Monte Lori, nel comune di Talla:” Il luogo scelto per fondare la badia doveva essere inserito in una viabilità che si affaccia all’incrocio di due importanti vie che apt congiungono il Casentino ed il Valdarno. Il luogo doveva apparire anche allora sempre selvaggio e anche un po’ isolato. Dobbiamo tenere presente che la posizione del piede e il più variale badie waso costruito sempre nella più solitaria parte principale del monte ea ridosso del crinale.”
Gli Annales Camaldolese cita notizie relative alla data di costruzione (960-61) e alla costruzione: due religiosi tedeschi Pietro e Eriprando, seguiti quasi sicuramente da Ottone I che si recò a Roma come Farsi incoronare imperatore del Sacro Romano Impero. Gli annales spiegano vengono giunti in questo luogo, colpiti dall’alpestre e dall’ambiente solitario e colti dal fervore di una più intensa vita ascetica, circondati dal proprietario del fondo, un certo Gualberto. L’abbazia fu eretta sotto il dominio benedettino cluniacense e divenne anche a ospitale di Pellegrini.
Valentina Cimarri in “Santa Trinita in Alpe: l’architettura alla luce delle sopravvivenze archeologiche” conduce uno studio tecnico sull’architettura del complesso e la sua architettura. Il suo studio ha mostrato quanto in questo caso sia possibile fare il contrario affiancando ristrutturazioni ed opere simili allo storico di passaggi e donazioni che Badia di Santa Trinita ha subito. Infatti ebbero numerose donazioni nei secoli XI e XII da parte degli Ubertini, dei Pazzi e dei Signori di Monte Santa Maria e da altri, che accrebbero il patrimonio e direttore del monastero, entrambi Che nella prima metà del XII secolo fu avviata la costruzione, basata su una struttura precedente che dovrebbe essere stato la chiesa della fondazione, della chiesa romanica a croce latina, con transetto sporgente e abside semicircolare, edificio il cui suono è visibile e resti attuali.
Tra il XIII e il XIV secolo, ha goduto del suo massimo splendore; fine quando la viabilità, sviluppatasi nel fondovalle valdarnese, non mise in crisi la raggiungibilità di Badia Santa Trinita: in quel momento inizia la decadenza. Nel 1425 papa Martino V travolse la comunità monastica dell’Abbazia di Santa Trinità in Alpe e il monastero, con le sue dipendenze, fu unito all’Ordine vallombrosano. Sappiamo che intorno al 1570 l’abbazia fu annessa ai rettori del monastero di San Fedele a Poppi a Vallombrosano. Inoltre sappiamo che i rettori del monastero di Poppi non avevano il titolo di abate di Santa Trinità, Ero solo un amministratore nei termini dell’antico complesso monastico che ancorava un rilevante patrimonio e questi beni era ragguardevoli anche nel primo decennio del Seicento e chi può pensare che la crisi del complesso religioso di Santa Trinità in Alpe sia dovuta soprattutto alla mancanza di vocazioni e non alla mancanza di depatrimonio. A metà del secolo XVII Santa Trinità aveva perduto tutte le caratteristiche di monastero; Fu un deciso “grande”, cioè azienda agricola e fu affidato all’abate di Soffena que si occupò soprattutto nell’avvenire a salvaguardiae il patrimonio, difendendolo dalle mire degli abitanti dei paesi vicini, soprattutto di Capraia. La crisi si verificò sempre più forte e nel 1708 diede origine alla smobilitazione. I pochi rimanenti frati vallombrosani abbandonarono il monastero lasciandoci solo un religioso come custode.
La breve resilienza di Santa Trinita nell’articolo di Vannetto Vannini: “All’inizio dell’anno secco, quando Mario Salmi visitò la badia, era un rudere pressappoco come oggi e la grande casa tutta la chiesa, diventata casa rurale fu abbandonata dall’ultima famiglia contata nel 1953. Alla fin degli anni ’50 del secolo scorso l’area venne acquistata dall’ASFD (Azienda di Stato Foreste Demaniali) por estato del Pratomagno e dopo il 1970 tutto il patrimonio passò alla Regione Toscana che dette in gestione alla Comunità Montana del Casentino. Nel 1969 iniziarono i lavori di restauro e consolidamento del resto della chiesa, che si conclusero nel 1974. Nel primo anno del 1990, il secolo scorso il comune di Talla, nell’ottica di valorizzazione del luogo, ha festeggiato per 3 anni di seguito una suggestiva e toccante funzione religiosa all’interno della chiesa della vecchia badia”.
Al termine della realizzazione di questo articolo sono stati osservati gli scritti di Valentina Cimarri e Fatucchi Alberto; oltre all’approfondimento del Club Alpino Italiano e gli Annales Camaldulenses. Li immagini relizzate col drone sono di Gian Marco Martini.