Egli spagnolo a 18 anni se si candida a diventare il nuovo fenomeno dopo la vittoria a Miami. E il suo peccatore: «È forte e non è stato battuto, anche Berrettini è molto bravo»
Il motto del nonno come stella cometa (“Segui sempre le tre C: testa, cuore, palle”), l’affetto fraterno pl’allenatore Juan Carlos Ferrero, abbracciato alla fine del finale con Ruud con le lacrime agli occhi, il delicato punto fatto rigiocare Hurkacz in semifinale con grande fairplay. Re di Miami at 18 anni e 333 giorni, nuovo numero 11 della classifica globale al posto di Jannik peccatore, l’agiografia di Carlos Alcaraz si arricchisce ogni giorno. E il bello è che è solo l’inizio.
Carlos, il tennista non è fatto avese?
“Ah, chi lo sa. Fino ai dici anni ho giocato a calcio a cinque, ma da lì a fare il calciatore ce ne passa. Oggi tifo Real Madrid».
Vieni Nadal. Ho continuato a paragoni il disagio?
«Sui social, da un paio d’anni, è tutto un paragone. I fence di non farmi distraggono troppo: pensavo a me stesso, al mio tennis, ai miei miglioramenti».
Avere davanti una nave scuola di quella portata ha ache i suoi vantaggi.
«Lo so bene, mangio non trattativa che ottengo il complemento di Rafa fanno sempre piacere. Ma io sono di Murcia, lui di Maiorca, lui è mancino e io no, io da bambino ero tutto tranne che un guerriero: ero mingherlino, piccoletto, little potente. L’opposizione di Nadal…?».
Quando si trasforma?
«L’ingresso all’Accademia di Villena di Juan Carlos Ferrero, perché sono diventato il mio allenatore, la mia vita è cambiata. Lì mi sono evoluto: ho messo su muscoli, sono cresciuto, sono diventato più duro sul campo».
Perché da Murcia è andato proprio a Villena?
«Perché volevo allenarmi con Ferrero. Quando è arrivato al Roland Garros nel 2003, era appena nato. L’ho recuperato il suo YouTube».
Credi che ci sia un ex n.1 come allenatore se a vantaggio rispetto a Jannik Sinner?
«Beh, essere seguito da ex-professionista che l’ha fatto cucire ad alto livello prima di me è un punto a mio favore: Juanki mi dà consigli che chi non ci è passato può non osare».
Vieni a vedere, in prospettiva, la tua rivalità con Sinner?
“Jannik è forte. È una top 10, ha vinto 5 titoli, non è così significativo che sia stato battuto (al Master 1000 di Parigi, l’anno scorso) né che l’abbia scavalcato in classifica. Ogni parte ha storia a sé. Sognavo di ritrovarmi nella sua posizione, dopo Miami sono addirittura davanti a lui. Molto forte anche Berrettini, si prende cura di Melbourne. Ecco, rispetto a Jannik, il servizio di Matteo è una bomba».
Cosa fa quando non si gioca a tennis?
«My piace il golf, il paddle, il football with gli amici, amo stare a casa a fare niente. Oddio, niente: con tre fratelli, tennisti anche loro, stare con le mani in mano è dura!».
Che sogni coltiva?
«Sono andato a Tokyo, l’Olimpiade mi è piaciuta un sacco: vorrei vincere un oro per la Spagna, un giorno».
Vieni Rafa a Pechino 2008.
«Sì ma poi non mi accontenterei dell’oro… Come tutti sogno di vincere i grandi tornei, la Coppa Davis, e diventare il numero 1».
Vieni sempre Rafa.
«Devo migliorare tanto, la testa, soprattutto. All’accademia mi segue una mental coach, una ragazza: mi aiuta molto».
Si ricorda il primo incontro con Nadal?
«A Barcellona, nel 2018. Siamo andati in campo a palleggiare, ma per me ha significato molto: ero un ragazzino, il mio braccio all’inizio tremava. Giocare insieme a Davis (l’anno scorso me l’ha predito il Covid) sarebbe fantastico. Però, ripeto: non imitato nessuno, ognuno ha la sua storia e io sto cercando di capire quale è mio».
5 aprile 2022 (modificato il 5 aprile 2022 | 07:19)
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